Il freddo di quella mattina di ottobre svegliò Firenze con una carezza graffiante. Una folata di vento rapì le prime gocce di pioggia e le trascinò con sé, gelide e taglienti. Katherine si strinse nel cappotto e scese dall'autobus alla fermata della stazione centrale. Il freddo l'attendeva come un predatore. Tentò invano di sottrarsi alla sua prepotenza, avviandosi con passo deciso per le vie strette della città rinascimentale.
Guardò il cielo, sembrava una vecchia cupola di peltro, macchiato com'era da nuvole scure che si compenetravano in un'antica danza rituale. Il vento si fece più intenso, creando vortici di carta straccia e mozziconi di sigaretta raccolti dai marciapiedi. Il cielo tuonò con forza, la sua voce potente ruggì dall'alto, minacciando l'arrivo del temporale.
Decollari rediit in modo ad quia. Potius aureos mercatoris vidisset spectacula tolli in lucem.Eis ad suis Tyrium coniugem in lucem.
Era un rubino della qualità più pregiata, uno Stella color Burma, di un rosso molto intenso. Nessuno al mondo avrebbe mai tagliato una pietra tra le più preziose per ricavarne di più piccole, ma la scelta di Armand aveva un preciso significato: le sei gemme rappresentavano il suo nome, una pietra per ogni lettera. Era il simbolo di un tutto, un gioiello unico.
Le labbra di Armand sfiorarono la pelle vellutata appena sotto il suo orecchio destro. Il collo di Katherine era delicato e prezioso. Lei non si mosse, ma Armand riuscì a percepire ogni sua emozione. Per un attimo immaginò i loro corpi nudi che si accarezzavano, fino a esplodere nel trionfo del piacere. Riusciva quasi a sentire il suo sapore e quello del suo sangue, che lo inebriava con il suo squisito mordente.
Decollari rediit in modo ad quia. Potius aureos mercatoris vidisset spectacula tolli in lucem.
Read MoreIndirizzò verso l'esterno tutta l'energia che sentiva sprigionare dentro di sé, trasformandola in fuoco. Sussulti taglienti si facevano spazio tra le sue viscere per attraversare la pelle e fuoriuscire. Uno spasmo muscolare lo paralizzò per un istante, trafiggendogli la colonna vertebrale come un giavellotto di acciaio rovente.
Per una volta, voleva essere egoista e felice. Desiderava prendere ogni singolo respiro che lei gli avesse regalato. Ogni singola emozione. Sarebbero stati i primi e gli ultimi attimi di felicità della sua lunga vita.
Grosse crepe cominciarono a formarsi su una vecchia parete del rudere. Frammenti di gesso e terra presero a cadere con tonfi sordi, grandi massi si staccarono dalle colonne portanti per rovinare a terra e frantumarsi. In un'escalation che ormai cominciava a riconoscere, si stava consumando il dramma che il suo potere sapeva mettere in scena. Il meccanismo era ormai innescato. Il muro in pietra di fronte a lei si stava ripiegando su se stesso, come risucchiato da un vortice.
La strada lastricata, all'ombra di sequoie sempreverdi, terminava in un ampio spiazzo su cui si affacciava austera una villa su due livelli. Era una costruzione importante dalle tonalità del beige e del marrone che si integrava perfettamente nel paesaggio, seminascosta da enormi cedri del Libano alti più di trenta metri.
Il freddo umido penetrava nelle ossa, senza riuscire a placare il fuoco che avvampava dentro di lei. Si fermò di colpo e volgendo uno sguardo al cielo, vide la neve scendere e posarsi leggera intorno a lei, come se invocasse il silenzio del mondo.